Regolamento DM 37 del 22 gennaio 2008

Con il DM n. 37 del 22 gennaio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12 marzo 2008, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il Regolamento che riordina le disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento, saranno abrogati il regolamento di cui al Dpr 447/1991, gli articoli da 107 a 121 del Testo Unico dell’Edilizia, e la legge 46/1990, ad eccezione degli articoli 8, 14 e 16, le cui sanzioni si raddoppiano per le violazioni degli obblighi previsti dallo stesso regolamento.

I contenuti

Il provvedimento si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso (art. 1).
Gli impianti sono classificati come segue:
a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere;
b) impianti radiotelevisivi, antenne e impianti elettronici;
c) impianti di riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione;
d) impianti idrici e sanitari;
e) impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas;
f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, montacarichi, scale mobili;
g) impianti di protezione antincendio.

L’art. 3 illustra i requisiti richiesti alle imprese per essere abilitate all’installazione degli impianti.
L’art. 4 elenca i requisiti tecnico-professionali dei soggetti che svolgono l’attività impiantistica.
L’art. 5, concernente la progettazione degli impianti, individua le tipologie di impianti per la cui installazione, trasformazione ed ampliamento è obbligatoria la redazione del progetto da parte di professionisti iscritti negli albi professionali, e i limiti dimensionali degli impianti per i quali è obbligatoria la progettazione.
L’art. 6 illustra i principi generali a cui devono attenersi le imprese installatrici nella realizzazione degli impianti, tra cui il principio secondo cui le imprese installatrici sono tenute ad eseguire gli impianti a regola d’arte.
L’art. 7 disciplina la “dichiarazione di conformità” che deve essere rilasciata dall’impresa installatrice al committente al termine dei lavori.
L’art. 8 detta le disposizioni relative agli obblighi del committente o del proprietario degli impianti. In particolare, il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione straordinaria degli impianti ad imprese abilitate.
L’art. 9 prevede l’obbligo di subordinare il rilascio del certificato di agibilità all’acquisizione della dichiarazione di conformità e del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto.
L’art. 10 disciplina gli obblighi in materia di manutenzione ordinaria degli impianti rimandando, per ascensori e montacarichi in servizio privato, al Dpr 30 aprile 1999, n. 162.
L’art. 11 disciplina le procedure di deposito presso lo sportello unico per l’edilizia del progetto, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo.
L’art. 12 disciplina il contenuto del cartello informativo che l’impresa è tenuta ad affiggere all’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell'edificio contenente gli impianti soggetti al Regolamento.
L’art. 13 precisa i termini per la conservazione della documentazione amministrativa e tecnica da parte dei soggetti destinatari delle prescrizioni relative agli impianti.
L’art. 14 disciplina il finanziamento dell’attività di normazione tecnica svolta dall’UNI e dal CEI.
L’art. 15 è dedicato alle sanzioni connesse alle violazioni degli obblighi previsti dal Regolamento.

L'iter
Il provvedimento attua l’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, che prevede che il Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, emani uno o più decreti volti a disciplinare il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici.

Sul provvedimento il Consiglio di Stato aveva espresso parere favorevole con osservazioni, manifestando la propria perplessità in primo luogo sulla scelta del Ministero di attuare soltanto la lettera a) dell’art. 11-quaterdecis, comma 13 della legge 248/2005 e rimandando ad un successivo momento l’attuazione delle successive lettere b), c) e d), che attengono alle verifiche degli impianti, alla determinazione delle competenze dello Stato, regioni ed enti locali, e alle sanzioni (leggi tutto).

La scelta del Ministero di attuare soltanto la lettera a) è legata alla necessità di interrompere la serie delle proroghe, evitando per il momento di abrogare la normativa primaria (legge n. 46/1990 e DPR 380/2001) e non introducendo alcuna innovazione sostanziale, ma effettuando una ricognizione della normativa esistente, e chiarendo alcuni aspetti applicativi della normativa primaria che avevano dato luogo a contenzioso.

Con l’entrata in vigore fissata al 27 marzo 2008, il Regolamento sorpasserà la Parte II, Capo V del Dpr 380/2001 (Testo unico in materia di edilizia), relativo alla sicurezza degli impianti, la cui entrata in vigore è stata prorogata al 31 marzo 2008 dall’articolo 29-bis della legge di conversione del decreto Milleproroghe (Legge n. 31 del 28 febbraio 2008) (leggi tutto).

In realtà il Capo V del TU Edilizia è entrato in vigore il 1° gennaio di quest’anno, dopo che il 31 dicembre 2007 è scaduta l’ultima proroga disposta dal DL 300/2006 (poi convertito nella legge 17/2007) che aveva “congelato” le norme fino alla data di entrata in vigore del Regolamento appena emanato, ma comunque non oltre il 31 dicembre 2007.

Ma la legge 17/2007 ha anche disposto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del Regolamento, sarebbero stati abrogati il regolamento di cui al Dpr 447/1991, gli articoli da 107 a 121 del Testo Unico dell’Edilizia, e la legge 46/1990, ad eccezione degli articoli 8, 14 e 16, le cui sanzioni si raddoppiano per le violazioni degli obblighi previsti dallo stesso regolamento.

Il Decreto Legge Milleproroghe (DL n. 248 del 31 dicembre 2007) non ha prorogato quella scadenza e - poiché il 1° gennaio il Regolamento non era ancora stato emanato - la Parte II, Capo V del Dpr 380/2001 è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 per poi essere nuovamente sospeso, dal 1° marzo 2008, dalla legge di conversione del Milleproroghe.

Commenti

Anonimo ha detto…
Si parla già di blocco dei rogiti: garanzie e documenti richiesti dal Dm 37/2007 sono di fatto difficili da prestare e reperire in tempi brevi. Dal 27 marzo prossimo, infatti, i contratti di trasferimento di beni immobili dovranno adeguarsi alla nuova normativa sulla sicurezza degli impianti: il decreto ministeriale 22 gennaio 2008 n. 37, pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» n. 61 del 12 marzo 2008, che non contiene norme transitorie ed entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione .

Il decreto prevede multe fino a 10 mila euro.

La norma che interessa i contratti «di trasferimento» (espressione generica che comprende compravendite, donazioni, permute, conferimenti eccetera), è l'articolo 13 comma 2, nella quale è prescritto che l'atto: «riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza» e contiene in allegato la dichiarazione di conformità «ovvero la dichiarazione di rispondenza» dell'impianto a tale normativa. La sanzione per l'inosservanza di queste norme non è, una volta tanto, la nullità dell'atto traslativo, ma l'applicazione di una sanzione amministrativa da mille a 10mila euro (articolo 15, comma 2).
La questione da affrontare è quella della possibile previsione di patti contrari che, dal tenore letterale della norma, pare riferita solo all'allegazione delle predette dichiarazioni e non all'obbligo di garanzia.

Se così è, e se l'atto deve inderogabilmente riportare la garanzia di conformità dell'impianto, dovrebbe derivarne che non è possibile la deroga convenzionale a tale garanzia e, di conseguenza, la vendita di immobili dotati di impianti non a norma dovrebbe provocare la risarcibilità del danno patito dall'acquirente (danno evidentemente rappresentato, almeno, dalle spese occorrenti per la messa a norma). Peraltro, appare implausibile ritenere che la norma renda non più possibile l'acquisto di un bene «nello stato in cui si trova» (come si suol dire nel gergo commerciale), in quanto, se mai sia inderogabile l'obbligo di garanzia, è abbastanza difficile ritenere non rinunciabile l'azione di risarcimento.

L'altro fondamentale tema è quello di stabilire il perimetro di applicazione della nuova normativa. Se è scontato che essa si riferisce a tutte le nuove costruzioni e a tutti gli edifici nei quali gli impianti siano stati oggetto di «installazione», o «ampliamento» (articolo 5 del Dm 37), una riflessione va compiuta sull'applicabilità delle norme in questione agli edifici non di nuova costruzione e sui quali non siano stati effettuati lavori impiantistici, per esempio quelli di distribuzione dell'elettricità e del gas, di automazione di cancelli e porte, radiotelevisivi, eccetera.

Ebbene, la lettura della nuova normativa conduce a ritenere come compresa nel suo ambito applicativo ogni tipologia di edificio. Infatti l'articolo 13, sopra riportato, rimanda al precedente articolo 7, comma 6, nel quale si contempla proprio il caso degli «impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto», caso nel quale la dichiarazione di conformità agli impianti è sostituita da una «dichiarazione di rispondenza» predisposta da un tecnico abilitato. Quest'ultima dichiarazione va allegata, come detto, all'atto traslativo. Evidentemente, la rispondenza sarà attestata, se sussistente; in caso di non rispondenza, l'atto traslativo porterà in allegato una dichiarazione del professionista che attesta la non conformità degli impianti. Questo, sempre nel caso la parte acquirente non intenda rinunciare con clausola espressa alla dichiarazione di conformità o rispondenza. Ma i dubbi restano e occorrono urgentemente precisazioni normative, entro il 27 marzo al massimo.
Anonimo ha detto…
Abrogate e sostituite, con un semplice decreto ministeriale, tutte le norme base sulla sicurezza degli impianti. Si va dalla legge 46/90 (di cui restano solo tre articoli), al suo regolamento di attuazione (Dpr 447/91), fino a tutte le regole sugli impianti contenute nel Testo unico dell'edilizia, il Dpr 380/01. Queste ultime, a dire il vero, sono norme fantasma, dal momento che, grazie a una serie di proroghe, non sono mai entrate in vigore. A lanciare questa "bomba" è il decreto del ministero dello Sviluppo 22 gennaio 2008, n. 37, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 12 marzo 2008, in forza dell'articolo 3 della legge 17/07.

Al decreto sono allegati i nuovi modelli di dichiarazione di conformità degli impianti, rilasciati dall'installatore, di cui «fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto». Di per sé i due modelli (uno per l'impresa installatrice e uno per un tecnico esterno) non sono troppo differenti dall'unico vecchio.
Le vere novità sono due. La prima è che il cittadino deve consegnare all'azienda del gas, dell'energia elettrica o dell'acqua copia della dichiarazione di conformità dell'impianto al momento dell'allacciamento (obbligo già attivo, ma solo per il metano, ai sensi dell'articolo 16 della delibera n. 40 del 2004 dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas). La seconda novità sta nel fatto che per i vecchi impianti, in cui la dichiarazione di conformità prevista non sia stata prodotta o non sia più reperibile, anziché da un installatore la dichiarazione può essere compilata a posteriori da un professionista iscritto all'albo che abbia esercitato per almeno cinque anni nel settore di competenza. Tale documento sostitutivo diviene indispensabile in caso di compravendita dell'immobile, perché dovrebbe essere allegato dal venditore al rogito.

Il progetto è necessario per tutti gli impianti, esclusi ascensori e montacarichi (ma solo perché se ne occupano altre norme apposite). Ne vengono varati due tipi: uno semplificato, che può essere redatto dal responsabile tecnico dell'impresa installatrice, e uno più complesso, sottoscritto da un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche.
Quello semplificato vede allegato un elaborato tecnico costituito almeno dallo schema dell'impianto da realizzare, eventualmente integrato dalla necessaria documentazione tecnica con le varianti introdotte in corso d'opera. Quello complesso è previsto per impianti di un certo rilievo. Per esempio quelli elettrici di potenza oltre i 6 Kw, quelli di riscaldamento con canne fumarie collettive ramificate (abbastanza comuni nei condomini), quelli con caldaie centralizzate che superano i 50 Kw di potenza (condomini medio-grandi), gli impianti antincendio che necessitano del Cpi (certificato di prevenzione), come i garage oltre i 9 posti auto o i locali che ospitano caldaie centralizzate a metano.

I progetti vanno depositati presso lo sportello unico per l'edilizia del Comune (se non esiste, è probabile che lo sostituisca l'Ufficio tecnico).
L'articolo 9 riprende il dettato dell'articolo 115 del Testo unico dell'edilizia: per ottenere il certificato di agibilità di un immobile occorre sia la dichiarazione di conformità che il certificato di collaudo degli impianti installati.
Una novità è nel comma 3 dell'articolo 11: c'è un controllo incrociato delle Camere di commercio, cui giungono copia dei certificati di conformità, per vedere se l'impresa è iscritta ai registri. Inoltre l'articolo 12 impone che nel cartello informativo da apporre all'inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell'edificio, l'impresa installatrice riporti i propri dati identificativi e il nome dell'eventuale progettista. Pare che il cartello non sia necessario quando si installa semplicemente un impianto e non si ristruttura l'edificio (è il caso, per esempio, della posa in opera di un'antenna Tv o satellitare).

Infine le sanzioni. Per uno svarione legislativo non sono abrogate quelle della legge 46/90 (raddoppiate dalla legge 17/07), ma se ne varano di nuove: da cento a mille euro per mancata dichiarazione di conformità, da mille a diecimila «con riferimento all'entità e complessità dell'impianto e al grado di pericolosità» per tutte le altre violazioni. Nulli i contratti stipulati da imprese non abilitate.
Anonimo ha detto…
Il nuovo decreto sulla sicurezza degli impianti, che a una lettura superficiale può sembrare non radicalmente diverso dalle norme già in vigore, prevede alcune misure dagli effetti rivoluzionari.
Il primo passo è coprire una lacuna delle norme precedenti: la sicurezza degli impianti è estesa anche a quelli negli edifici commerciali e non solo in quelli residenziali. Vero è che le norme di sicurezza sul lavoro, (Dlgs 626/1994) tappavano in parte questo "buco", ma ora si è fatto ordine. Ma la novità più insidiosa (forse con effetto più dirompente di quella della regolarità ai rogiti, di cui parliamo in un altro articolo) è nascosta nei commi dal 3 al 5 dell'articolo 8.

La dichiarazione al fornitore
I nuovi allacciamenti di gas, energia elettrica, acqua, o le implementazioni degli stessi, diventano di fatto "provvisori". Entro 30 giorni dall'allacciamento o dal potenziamento, il cliente deve consegnare all'azienda distributrice dell'elettricità, del metano o dell'acqua, copia della dichiarazione di conformità dell'impianto o copia della dichiarazione di rispondenza sostitutiva. Decorso tale termine, il fornitore o il distributore, previo congruo avviso, sospende la fornitura.
È evidente che qui il decreto riprende, ampliandole a diversi altri impianti, le norme dettate dall'Autorità dell'energia elettrica e il gas con la delibera n. 40/2004, che si applicavano però solo agli impianti a metano. Con la differenza che la delibera, più volte modificata, si dilunga nel dettaglio a prevedere modalità, iter burocratici, modelli allegati, che qui mancano, nonostante che la norma sia formalmente operativa dal 27 marzo 2008.


Facile immaginare lo sconcerto che si provocherà nelle aziende distributrici (per esempio nell'Enel o nell'Aem, tanto per ricordare alcune sigle importanti), oltre che, naturalmente, nell'utenza. In fase transitoria, è inimmaginabile che non si ricorra a qualche compromesso, in attesa di vederci più chiaro.


Progetti sempre obbligatori
Di grande rilievo è anche il fatto che ora la progettazione viene prevista per ogni opera di "installazione, trasformazione e ampliamento" di tutti gli impianti, fosse solo quella di manutenzione straordinaria non soggetta a Dia, la denuncia di inizio attività. In precedenza il progetto era previsto solo per quelli più "importanti" (per esempio quelli elettrici oltre i 6 kw di potenza della caldaia, per le canne fumarie ramificate eccetera). Il che scatena prevedibili polemiche.
Il rischio è che possa costare più il progetto che l'intervento stesso con conseguente aumento di oneri e adempimenti burocratici per il cittadino senza alcun beneficio reale per la sicurezza. Insomma, per modificare un semplice citofono a videocitofono o per installare valvole termostatiche a un calorifero occorre probabilmente pagare più il progettista dell'installatore.In ogni caso, al momento della cessione dell'immobile, è possibile derogare anche alla consegna del progetto


Nuovi professionisti
Fonte di polemiche tra gli addetti al settore è il fatto che la possibilità di progettare gli impianti più "semplici" sia data ora non solo agli iscritti agli albi professionali, ma anche agli impiantisti con requisiti tecnici riconosciuti. Per i committenti ciò dovrebbe portare perlomeno a qualche limatura dei costi del progetto. O, almeno, c'è da sperarlo. Tuttavia per gli impianti più importanti l'intervento dell'iscritto all'albo resta necessario anche in caso di semplice manutenzione straordinaria (cosa che gli impiantisti contestano).
Resta da chiarire quali siano gli installatori qualificati al progetto. Quelli che hanno i nuovi requisiti professionali implementati, previsti dal nuovo decreto? Oppure ci si accontenta di quelli con i requisiti previsti dalla legge n. 46 del 1990? O, infine, anche quelli operativi prima del 1990, che talora non hanno terminato neanche le scuole elementari? Non è un mistero che esistono anche artigiani con esperienza "sul campo" superiore a quella di ingegneri e periti, che però non sono materialmente in grado di stendere come si deve un progetto, per semplici carenze formative.