D Lgs 81 la chiarezza


Nuovo decreto legislativo sulla salute e sicurezza sul lavoro
Il primo valore aggiunto: la chiarezza

dott.ssa Cinzia Frascheri
Responsabile nazionale Salute e Sicurezza sul Lavoro
e della Responsabilità Sociale delle Imprese



Lo scopo principale di un intervento legislativo è quello di andare a regolare una determinata materia. Spesso per la difficoltà di tale obiettivo o per la necessità di dover trovare soluzioni mediane tra le diverse priorità, o ancora, per dover rimanere ad un livello generale, comprensivo della grande parte della casistica, il linguaggio e il livello di determinazione dei testi legislativi, hanno mancato di frequente di rispondere a criteri di chiarezza e semplicità. Una mancanza, negli anni, che spesso ha determinato un atteggiamento di resistenza e lontananza dai testi regolativi da parte della maggioranza delle persone (anche quelle più direttamente interessate).

Un buon testo legislativo, oltre ad affrontare e declinare in modo adeguato e puntuale una determinata materia, deve puntare a presentare i concetti contenuti nel modo più lineare, semplice e completo, al fine di incontrare, non tanto, o non solo, la più ampia attenzione, ma di certo la più diffusa comprensione.
Al nuovo decreto legislativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, viene universalmente riconosciuto, in primis, tale merito. L’intervento di riordino e riassetto che è stato svolto - passando da un corpus normativo composto da più di una decina di testi legislativi diversi, ad un articolato unico di circa trecento articoli - di certo non è stato facile, ma l’intervento di maggior rilievo e valore è stato quello di compiere una profonda riforma che, oltre a modificare ed ampliare alcuni disposti legislativi già vigenti, ha operato significativamente a favore di una completezza informativa e di una chiarezza espositiva di grande rilievo.

Il primo più evidente segnale è rappresentato dall’ampiezza che l’articolo delle Definizioni (art.2), propone. Non si può certo dire che il testo del D.Lgs.626/94 fosse manchevole, tenuto conto che nella storia rimarrà il testo legislativo che ha introdotto in Italia il nuovo concetto culturale, in materia di salute e sicurezza, di una tutela a carattere prevenzionale e partecipativo, ma a supporto delle Definizioni che tale testo proponeva, occorrevano ampie integrazioni dottrinali che, se non fornite nelle aule formative o mediante personali approfondimenti, determinavano nei lettori-attuatori delle carenze informative e conoscitive profonde. In questo senso il nuovo decreto legislativo, rappresenta un importante passo avanti al fine della diffusione della conoscenza e comprensione, non demandando ad altre fonti di informazione la crescita culturale del lettore-attuatore in materia di tutela prevenzionale, ma assolvendo tale esigenza, raccogliendo in un ampio elenco le principali nozioni di base sul tema.

Anche in relazione ai rischi, la chiarezza, semplicità e precisione di linguaggio, rappresentano senza dubbio uno degli aspetti di maggior pregio e valore contenuti nel nuovo testo legislativo.

Non trovando di certo la CISL impreparata, tenuto conto dell’azione pressante culturale anticipatoria svolta in questi anni da parte del Dipartimento (anche mediante pubblicazioni specifiche), sul tema dello stress sul lavoro, non si può che salutare con soddisfazione la scelta del legislatore di porre chiarezza nei riguardi di uno dei temi più delicati oggetto di valutazione dei rischi. Escludendo il termine dal campo di intervento della valutazione dei rischi (a favore del termine stress lavoro-correlato, art.28), definitivamente (e finalmente) si è chiarito che solo i potenziali rischi collegati allo stress sul lavoro possono essere oggetto di una adeguata valutazione - preventiva e collettiva - dei rischi. In questo senso, si è chiarito che il mobbing, in nessun caso entra tra le fattispecie che possono essere “oggetto” di analisi dei rischi in ambiente di lavoro, così come gli atti di violenza e gli abusi sessuali (necessariamente, comunque, oggetto di denuncia e perseguibile per legge).

Altrettanta chiarezza la troviamo in merito all’espressione, di grande ampiezza e valore culturale, relativa alle (artt 1 e 28). In questo senso il legislatore ha voluto non porre l’attenzione sulla “questione femminile”, determinando indirettamente un collegamento riduttivo e negativo tra le tutele al femminile in ambiente di lavoro e la complessità e problematicità di analisi dei rischi in loro presenza, ma bensì ha voluto porre in evidenza ed attenzione la tipicità del soggetto che lavora, ponendo a centralità la persona con le sue differenze, determinate in specifico, ma non solo, dall’appartenenza ad un genere, sia esso maschile che femminile.

Diversi sono gli interventi che doverosamente si dovranno compiere nei prossimi mesi sul testo (previsti per legge 12 mesi per le modifiche), tenuto conto della ristrettezza del tempo avuto per compiere un’opera di grande volume, valore e complessità. Ma l’impegno che dovrà essere da parte di tutti perseguito è nel preservare il testo legislativo da qualunque modifica andrà a sottrarre l’alto valore di chiarezza, completezza e riforma che il nuovo testo racchiude. Così sulla rappresentanza, dove il legislatore ha ritenuto di dover ri-affermare, chiarire e potenziare, prima di tutto, l’importanza di una figura di Rappresentanza dei lavoratori in ogni luogo di lavoro, preoccupandosi solo poi, di determinarne l’effettiva praticabilità.

fonte Cisl

Commenti

Anonimo ha detto…
Il decreto legislativo 81/08, che interviene sulla materia della salute e sicurezza sul lavoro riordinando numerose disposizioni che sono state emanate nell’arco degli ultimi sessant’anni in un unico testo normativo, introduce anche una serie di novità, tra le quali si segnalano: l’estensione delle norme sulla sicurezza a tutti i settori di attività, pubblici e privati, a tutte le tipologie di rischio e a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi; la rivisitazione delle attività di vigilanza; il finanziamento delle attività promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione; la revisione del sistema delle sanzioni; il rafforzamento delle funzioni dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Il Titolo I del decreto legislativo che attua l’articolo 1 della Legge 123/07, riguarda il campo di applicazione, il sistema istituzionale, la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, la valutazione dei rischi, il servizio di prevenzione e protezione, la formazione, la sorveglianza sanitaria, la gestione delle emergenze, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, la documentazione tecnico amministrativa e le statistiche degli infortuni e delle malattie professionali.
Il Titolo II e III disciplinano: luoghi di lavoro; attrezzature di lavoro e DPI; impianti e apparecchiature elettriche.
Il Titolo IV è dedicato ai cantieri temporanei o mobili. Il Capo I stabilisce gli obblighi e le responsabilità del committente o del responsabile dei lavori, del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, gli obblighi dei lavoratori autonomi, le misure generali di tutela, gli obblighi dei datori di lavoro, i requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori, le modalità per la redazione del piano di sicurezza e di coordinamento. Il Capo II detta le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, compresi i lavori relativi a scavi e fondazioni e ai lavori svolti con l’impiego di ponteggi e impalcature; sono poi disciplinate le attività connesse alle costruzioni edilizie e alle demolizioni.
I titoli successivi disciplinano: segnaletica di sicurezza; movimentazione manuale dei carichi; videoterminali; agenti fisici (rumore, ultrasuoni, infrasuoni, vibrazioni meccaniche, campi elettromagnetici, radiazioni ottiche, microclima e atmosfere iperbariche); sostanze pericolose (agenti chimici, agenti cancerogeni e mutageni, amianto); agenti biologici; atmosfere esplosive.
Con l’approvazione del decreto sono stati abrogati, fra gli altri, i decreti 626/94 e 494/1996, l’articolo 36 bis, commi 1 e 2 del decreto 223/2006 e gli articoli 2, 3, 5, 6 e 7 della Legge 123/07.
Il decreto legislativo 81/2008, per la sua intrinseca rilevanza e per un molteplicità di ulteriori motivi, è oggetto di un vivace dibattito non ancora esaurito a mesi dalla sua pubblicazione.
Anonimo ha detto…
Da quando il D.Lgs. 81/08 è pienamente in vigore?
Il DLgs 81/2008 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 30/4/2008 (Supplemento Ordinario n. 101) ed è entrato in vigore il 15/5/2008. Alcuni obblighi però non sono ancora entrati in vigore per espressa previsione dell’art.306 del Decreto.
In particolare: le disposizioni in tema di valutazione dei rischi (definite dagli articoli 17, comma 1, lettera a, e 28), nonché dalle altre disposizioni previste nei titoli specifici, diventano efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2009 (in questo senso ha operato la Legge 2/8/2008 n. 129 che ha modificato l’ art. 306 del DLgs 81/2008).
Va comunque precisato che fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti e in particolare l’art. 4 del D.L.vo 626/94. Relativamente ai campi elettromagnetici, con la formulazione adottata dal legislatore all’articolo 306 del Testo Unico e stante l’emanazione della direttiva 2008/46/CE, l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV ha subito uno slittamento temporale di 4 anni ed è prevista per il 30/04/2012. Per il Capo V del Titolo VIII del Testo Unico (radiazioni ottiche artificiali) l’entrata in vigore è invece prevista per il 26/04/2010.
Si sottolinea comunque il principio affermato in generale all’art.28 del Testo Unico e ribadito relativamente agli agenti fisici all’art.181 che impegna il datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza inclusi quelli derivanti da esposizioni a campi elettromagnetici e alle radiazioni ottiche artificiali, in relazione ai quali esiste quindi l’obbligo (sanzionabile) alla valutazione e all’identificazione delle misure preventive e protettive (comprese la informazione/ formazione e la sorveglianza sanitaria) per minimizzare il rischio. In pratica, e per quanto riguarda i compiti di vigilanza, fino alle date del 30/04/2012 e 26/04/ 2010 non saranno richiedibili e sanzionabili le inottemperanze agli obblighi specificamente previsti rispettivamente dal Capo IV e dal Capo V del Titolo VIII del DLgs 81/2008, ma resteranno validi, richiedibili e sanzionabili i principi generali affermati nel Titolo I e nel Capo I del Titolo VIII. In questo contesto, si raccomanda comunque, sin da ora, di riferirsi alle indicazioni desumibili dal Capo IV e dal Capo V del Titolo VIII del TU anche tenuto conto del richiamo alle norme di buona tecnica e alle buone prassi di cui all’art.181.
Anonimo ha detto…
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 81/08, ho elaborato alcuni Documenti di Valutazione dei Rischi 626 presso alcune Aziende, comprensivi della Valutazione del Rischio Chimico, Vibro e Rumore. Dato che i limiti di esposizione, valori d’azione, ecc... del D.Lgs. 81/08 sono i medesimi del D.Lgs. 187 e 195 sarebbe fattibile fare una dichiarazione che i contenuti dei «vecchi documenti» sono conformi al nuovo D.Lgs. 81/08?
L’art. 28 del Dlgs 81/2008 specifica quale deve essere l’oggetto della valutazione dei rischi e in particolare il comma 2 stabilisce cosa deve contenere il documento di valutazione dei rischi. Qualora il documento elaborato prima dell’entrata in vigore del DLgs sia già conforme all’art. 28 e completo con tutti i dai richiesti è evidente che non occorre modificare tale documento ma è sufficiente che lo stesso abbia «data certa».
Per quanto attiene ai rischi specifici va specificato che non sempre i limiti di esposizione sono uguali a quelli della vecchia normativa. Ad esempio, per le vibrazioni sono stati introdotti limiti relativi alle brevi esposizioni, per quanto attiene al rischio chimico non si parla più di «rischio moderato» ma di rischio «basso e irrilevante per la salute dei lavoratori». Si consiglia quindi di rivedere il documento alla luce delle nuove disposizioni del DLgs 81/2008.
Anonimo ha detto…
Il comma 2 art. 28 del Decreto 81/08 «testo unico» stabilisce che il documento di valutazione dei rischi debba avere una data certa. Cosa si intende per data certa?
Il decreto non indica quali siano le procedure per garantire data certa. E’ possibile rifarsi ad un precedente contenuto nell’art. 1 della L. 325/2000 del 5 dicembre 2000 (privacy). In relazione a tale disposto il garante per la protezione dei dati personali ha emanato in data 5/12/2000 un parere che ha fornito “Chiarimenti sulla data certa”. Nel citato parere si legge:
In questa prospettiva, senza pretesa di indicare in modo esauriente tutti i possibili strumenti idonei ad assegnare al documento una data certa, il Garante richiama l’attenzione dei titolari del trattamento sulle seguenti possibilità che appaiono utilmente utilizzabili:
a) ricorso alla c.d. «autoprestazione» presso uffici postali prevista dall’art. 8 del d.lg. 22 luglio 1999, n. 261, con apposizione del timbro direttamente sul documento avente corpo unico, anziché sull’involucro che lo contiene;
b) in particolare per le amministrazioni pubbliche, adozione di un atto deliberativo di cui sia certa la data in base alla disciplina della formazione, numerazione e pubblicazione dell’atto;
c) apposizione della c.d. marca temporale sui documenti informatici (art. 15, comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59; d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513; artt. 52 ss. d.P.C.M. 8 febbraio 1999);
d) apposizione di autentica, deposito del documento o vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile; formazione di un atto pubblico;
e) registrazione o produzione del documento a norma di legge presso un ufficio pubblico.
Pertanto, si ritiene che nel caso in cui il documento di valutazione dei rischi sia redatto in conformità a tali sistemi sia sicuramente da ritenersi dotato di data certa.
Anonimo ha detto…
Il decreto 81/08 stabilisce un regime di incompatibilità ad esercitare la funzione di medico competente (art. 39) e l’attività di consulenza (art. 13) per i dipendenti pubblici assegnati ad uffici che svolgono attività di vigilanza. Tale incompatibilità è limitata ai dipendenti degli SPRESAL o anche a quelli dei servizi SIAN e SISP che non sono direttamente coinvolti nell’attività di vigilanza dei luoghi di lavoro?

Si ritiene che “l’attività di vigilanza” indicata dal Decreto si riferisca alla vigilanza in materia di igiene e sicurezza del lavoro e non si estenda alla vigilanza in altre materie.
Anonimo ha detto…
Sul modello di attestato rilasciato ai partecipanti ai corsi di formazione (Mod A-B-C) si riporta il riferimento all’art. 8 bis D.Lgs. 626/94, come integrato dal D.Lgs. 195/03. Essendo attualmente superato dal d.lgs. 81/08 art. 32 possiamo emettere gli attestati con il riferimento corretto?

E’ assolutamente possibile, anzi è opportuno, sostituire il riferimento alla norma specifica indicato sugli attestati. E’ da citare quindi l’art. 32, comma 2 del D.Lgs. 81/2008.
Anonimo ha detto…
L’articolo 32 del d.lgs. 81/08 comma 5 individua una serie di classi di laurea (lauree in ingegneria civile e ambientale, lauree in ingegneria dell’informazione, lauree in ingegneria industriale, scienze dell’architettura esonerate dalla frequenza ai corsi di formazione, lauree in professioni sanitarie della prevenzione) i cui detentori sono esonerati dalla frequenza ai moduli A e B:

- l’articolo ha valore retroattivo? tutti i laureati in ingegneria possono considerarsi esonerati dai primi due moduli? oppure solo i laureati dal 2000 in avanti (data del decreto che cita le classi di laurea più vecchio a cui si fa riferimento)?

- l’esonero è valido sia per le lauree triennali sia per quelle quinquennali?

Il comma 5 dell’art. 32 del d.lgs. 81/08 afferma che l’esonero dai moduli A e B è possibile per le persone in possesso di specifiche lauree, ma nulla dice riguardo alla data di conseguimento di esse, né specifica la necessità di una laurea specialistica quinquennale. Pertanto si ritiene che anche i laureati prima del 2000 o con laurea triennale siano inclusi nei soggetti che usufruiscono dell’esonero, purché in possesso di lauree riconosciute corrispondenti a quelle indicate in normativa.
Anonimo ha detto…
Anche il d.lgs. 81/2008 prevede che il mandato del RLS sia di tre anni?

Se si, in quale articolo del suddetto decreto si specifica questa caratteristica del mandato?

Il comma 5 dell’art. 47 del DLgs 81/2008, recita che:
«Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva». Il riferimento sono gli accordi interconfederali stipulati tra le OO.SS e le Organizzazion Datoriali (es: CGIL, CISL, UIL, Confindustria) che al momento non sono stati modificati.
Anonimo ha detto…
Vorrei sapere se, per quanto riguarda le nomine del Responsabile Prevenzione Sicurezza, del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e del Medico Competente, secondo il testo Unico per la Sicurezza DLgs 81/ 08, sono da inviare all’ASL di competenza e all’Ispettorato del Lavoro con una raccomandata con ricevuta di ritorno?

Se non fosse più obbligatoria tale procedura come dobbiamo comportarci al fine di non incorrere nelle ammende?

Il DLgs 81/08 agli articoli 31 e 34 prevede l’obbligo per il datore di lavoro di individuare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione nonché gli eventuali addetti individuandoli tra le persone in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32, ovvero svolgendo direttamente tali compiti nei casi consentiti.
Non è più dovuta la comunicazione all’organo di vigilanza sia nel primo che nel secondo caso.
Nel corso di eventuali accertamenti il datore di lavoro dovrà essere in grado di dimostrare, attraverso l’esibizione di adeguata documentazione l’avvenuto assolvimento degli obblighi di cui sopra.
Circa il medico competente la sua designazione non deve essere comunicata all’organo di vigilanza (come avveniva in regime di vigenza del DLgs 626/94)
Infine per quanto riguarda l’RLS l’articolo 18, comma 1 , lettera aa) del DLgs 81/08 impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare annualmente all’INAIL i nominativi dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza. L’inottemperanza a tale obbligo comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 euro.
Anonimo ha detto…
Il datore di lavoro che svolge compiti diretti di RSPP e che ha frequentato i corsi ex art. 10 dlgs 626/94 è tenuto a frequentare corsi di aggiornamento?

Secondo l’art. 34, comma 3 del dlgs 81/08, il datore di lavoro che svolge compiti diretti di RSPP è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Tale obbligo si applica anche a coloro che hanno frequentato i corsi di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell’articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Ad oggi, non essendo ancora stato definito il previsto accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, i corsi di aggiornamento non sono ancora stati attivati.
Anonimo ha detto…
Esiste un modello per la comunicazione dei nominativi dei RLS all’INAIL?

Nel caso non esistesse quali informazioni devono essere trasmesse?

L’articolo 18 del dlgs 81/08 prevede, tra gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, la comunicazione annuale all’INAIL dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Non esistendo, al momento, una modulistica specifica, l’obbligo di legge può essere assolto con la semplice comunicazione del nominativo del RLS alla sede INAIL di competenza, ovviamente avendo l’accortezza di acquisire e conservare la prova dell’avvenuta comunicazione.
Anonimo ha detto…
Sono un lavoratore delegato sindacale e presso la nostra azienda sono prossime le elezioni di rinnovo degli RLS. Al riguardo si precisa che da anni vengono sempre proposti nominativi di lavoratori che ricoprono qualifiche di coordinatori aziendali, vicine alle politiche aziendali. Gli stessi, per ragioni numeriche, vengono di fatto poi eletti come rappresentanti dei lavoratori.
Vorrei sapere se stante la normativa è possibile che questi coordinatori aziendali possano essere eletti come RLS e se denunciando tale situazione con volantino in bacheca, come ho fatto, posso incorrere in qualche inosservanza di legge?

I coordinatori aziendali sono anch’essi lavoratori e quindi eleggibili come tutti gli altri lavoratori, salvo che gli stessi non ricoprano già i ruoli di RSPP o ASPP per i quali vige un’incompatibilità ai sensi dell’art.50, comma 7 del d.lgs. 81/08.
La Legge 300 del 1970 tutela l’azione sindacale e, pertanto, il delegato sindacale è tutelato rispetto ad una azione di denuncia o protesta.
Anonimo ha detto…
Visto l’art. 31, comma 6 del DLgs 81/08 che prescrive che in alcuni casi (esplicitati alle lettere a,b,c,d,e,f,g del medesimo articolo) il Servizio di Prevenzione e Protezione debba essere interno all’azienda o all’unità produttiva, si chiede se tale precetto sia da considerarsi rispettato nel caso vi fosse un ASPP dipendente della ditta e un RSPP con contratto di collaborazione a progetto per un numero congruo di ore. In altre parole, un collaboratore a progetto può essere in questo senso assimilabile a un soggetto “interno” all’Azienda?

Nel caso prospettato dall’art. 31, comma 6 del d.lgs. 81/08, si ritiene che un collaboratore a progetto che svolga la propria prestazione lavorativa nell’ambito dell’organizzazione aziendale e all’interno dell’azienda possa svolgere il ruolo di RSPP.
Anonimo ha detto…
Sono ancora permesse le visite preassuntive da parte dello Spresal per gli apprendisti maggiorenni e minorenni e per i minori non apprendisti?

Premesso che le norme contenute nella Legge 25/55 e s.m.i. e nella Legge 977/67 e s.m.i. non sono state abrogate o modificate dal D.Lgs. 81/08, si deve osservare che il divieto di effettuare visite mediche in fase preassuntiva indicato dal comma 3 dell’art. 41 del D.Lgs. 81/08 si riferisce esclusivamente alle visite mediche di cui al comma 2 dello stesso articolo.
Si deve altresì osservare che il DL n. 112 del 25/6/2008 ha abrogato l’articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n. 25 che stabiliva che: “L’assunzione dell’apprendista deve essere preceduta da visita sanitaria per accertare che le sue condizioni fisiche ne consentano la occupazione nel lavoro per il quale deve essere assunto”. Di conseguenza le visite mediche per apprendisti sono abrogate.
Anonimo ha detto…
Considerato che l’articolo 25 comma 1 del testo unico sottolinea che il medico competente collabora con il datore di lavoro e il servizio alla valutazione dei rischi anche al fine della programmazione, ove necessario , della sorveglianza sanitaria.
Considerato che tale affermazione (“ove necessario”) può far dedurre che la collaborazione di un medico competente ci voglia anche laddove non vi sia rischi di esposizione a fattori che richiedono sorveglianza sanitaria e che si possa quindi configurare come un parere obbligatorio circa l’escludibilità della stessa.
Considerato che tuttavia l’articolo 29 afferma che il datore di lavoro effettua la valutazione dei rischi in collaborazione anche con il medico competente nei casi previsti dall’articolo 41.
Quale deduzione è corretta?
Che un medico competente deve comunque partecipare alla valutazione del rischio anche eventualmente solo per escluderlo? (art 25) oppure che il medico deve partecipare solo laddove vi siano attività che richiedono sorveglianza sanitaria? (art 29)
L’obbligo di procedere alla valutazione di tutti i rischi connessi all’attività lavorativa e la conseguente elaborazione del DVR contenenti gli elementi di cui all’articolo 28 è un obbligo non delegabile in capo al datore di lavoro. Qualora il datore di lavoro ritenga nella fase di valutazione dei rischi di avvalersi della collaborazione di un medico competente potrà integrare il gruppo dei suoi collaboratori coinvolti nella valutazione con tale figura professionale. Qualora al termine della valutazione dei rischi emerga la necessità di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria sarà compito del datore di lavoro procedere alla nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria. In caso contrario il rapporto potrà intendersi concluso.
Anonimo ha detto…
Posto che nel documento di valutazione del rischio deve essere presente anche il programma di miglioramento delle misure di sicurezza. Posto che tale programma è dinamico e, in imprese particolarmente complesse, può essere anche particolarmente articolato e soggetto a variazioni frequentissime. E’ possibile che tale programma sia gestito mediante un supporto informatico che consente un migliore monitoraggio delle azioni e del loro stato di avanzamento senza che esso sia allegato al documento di valutazione del rischio pur essendo stampabile in ogni momento con l’ultimo aggiornamento effettuato e con l’indicazione in automatico della data di stampa?

Tutto ciò ovviamente accompagnato all’interno della valutazione dei rischi, nella sezione su criteri, da una chiara spiegazione metodologica e di funzionamento del piano di miglioramento informatizzato che spieghi cosa contiene e come si gestisce.
Il documento di valutazione dei rischi deve essere disponibile in formato cartaceo con le caratteristiche dettate dall’art 28 del dlgs 81/08 e nelle forme scelte dal datore di lavoro. Il programma di miglioramento delle misure di sicurezza e i relativi aggiornamenti devono quindi essere integrati nel documento di valutazione dei rischi.
Anonimo ha detto…
Siamo una società che si occupa da molti anni di sicurezza sul lavoro. Ora, ci sono pervenute molte richieste per la formazione degli RLS, ma non abbiamo capito se per poterli effettuare dobbiamo essere «formatori accreditati» o in base alle nostre esperienze pregresse possiamo svolgere tale ruolo.
Per la formazione degli rls la normativa non prevede forme di accreditamento ma prevede esclusivamente che tali corsi debbano essere svolti in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 51 del dlgs 81/08.
Anonimo ha detto…
Nel caso in cui il Coordinatore di esecuzione richiedesse ad un lavoratore autonomo che esercita la propria attività nel cantieri, un certificato di idoneità alla mansione e/o una formazione, quest’ultimo ha l’obbligo di fornire tale documentazione?
Nel caso in cui il lavoratore si rifiutasse di fornire il certificato di idoneità il Coordinatore può allontanare il lavoratore autonomo dal cantiere?
L’allegato XVII stabilisce la documentazione che deve essere esibita al committente o al responsabile dei lavori ai fini della verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili. In particolare il punto 2. 1, lettera d) stabilisce che i lavoratori autonomi devono esibire gli «attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria previsti dal presente decreto legislativo».
Il Decreto Legislativo 81/08 prevede, all’art. 21, comma 2, che i lavoratori autonomi relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.
Quindi il lavoratore autonomo ha facoltà di sottoporsi a sorveglianza sanitaria e alla formazione, mentre il committente ha l’obbligo di affidare gli incarichi, solo nei cantieri temporanei o mobili, a lavoratori autonomi che posseggano tali attestazioni.
In conclusione il lavoratore autonomo può legittimamente non sottoporsi a sorveglianza sanitaria e a percorsi di formazione, ma in questo caso il committente , non potendone verificare l’doneità tecnico professionale, incorre a violazione degli obblighi dell’art. 90 comma 9 dlgs 81/08.
Anonimo ha detto…
LUOGHI DI LAVORO, MACCHINE E DPI – TITOLO II E III (ARTT. 62-87)

1) Nel caso in cui una attrezzatura di lavoro (ad esempio una macchina utensile per metalli) non è installata in modo da proteggere i lavoratori contro il rischio elettrico di un contatto indiretto (perché la macchina non è collegata all’impianto di messa a terra essendo il sistema elettrico di tipo TT) viene violato il punto 6.1 dell’allegato IV del D.Lgs. 81/2008. In questa ipotesi il datore di lavoro viola l’art. 70, comma 2 del DL 81/08.
La sanzione per la violazione di questo articolo è la seguente: Art. 87, comma 3 lettera a) del DLgs 81/08.

Sanzione amministrativa pecunaria da euro 750 a euro 2500. Si ammette a pagare il contravventore secondo le regole della legge 689/81.
A questo punto chiedo come l’operatore UPG può far cessare una situazione antigiuridica e pericolosa (elettrocuzione) considerando che:
- non è possibile applicare il D.Lgs. 758/94
- non è possibile impartire una disposizione ai sensi del DPR 520/55
- non è possibile applicare la diffida di cui al D.Lgs. 124/2004 (che riguarda esplicitamente l’Ispettorato del lavoro, ora DPL)
- non è possibile emettere una diffida ai sensi dell’art. 9 del DPR 520/55 (a quanto pare non più applicabile)
Non risulta che la diffida art. 9 DPR 520/55 non sia più applicabile e, pertanto, nel caso prospettato si ritiene opportuno utilizzare questo strumento. In generale, il problema delle sanzioni amministrative, le ammende pure e l’arresto puro che riguardano aspetti non formali esiste; infatti, l’impossibilità di ricorrere alla prescrizione 758 fa venir meno uno strumento importantissimo a fini preventivi.
Anonimo ha detto…
L’allegato V del TU al punto 3.1.11 recita:

“Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene.”
Ma questi limiti non erano già imposti dal D.P.R. 459/964. ai punti 4.1.2.4 puleggie, tamburi, catene e funi e 4.1.2.5 Accessori di imbracatura?

“Gli accessori di imbracatura devono essere dimensionati tenendo conto dei fenomeni di fatica e di invecchiamento per un numero di cicli di funzionamento conforme alla durata di vita prevista alle condizioni di funzionamento specificate per l’applicazione prevista.
Inoltre:
a) il coefficiente di utilizzazione dell’insieme cavo metallico e terminale è scelto in modo tale da garantire un livello adeguato di sicurezza; questo coefficiente è, in generale, pari a 5. I cavi non devono comportare nessun intreccio o anello diverso da quelli delle estremità;
b) allorché sono utilizzate catene a maglie saldate, devono essere del tipo a maglie corte. Il coefficiente di utilizzazione delle catene, a prescindere dal tipo, è scelto in modo tale da garantire un livello adeguato di sicurezza; questo coefficiente è, in generale, pari a 4;
c) il coefficiente d’utilizzazione delle funi o cinghie di fibre tessili dipende dal materiale, dal processo di fabbricazione, dalle dimensioni e dall’utilizzazione. Questo coefficiente è scelto in modo da garantire un livello di sicurezza adeguato; esso è, in generale, pari a 7, a condizione che i materiali utilizzati siano di ottima qualità controllata e che il processo di fabbricazione sia adeguato alle condizioni di utilizzazione previste. In caso contrario, è in generale più elevato per garantire un livello di sicurezza equivalente. Ora non mi è chiaro se stiano parlando della stessa cosa o di due cose differenti.
Sembrerebbe quasi che il D.Lgs. 81/08 parli di funi facenti parti di impianti e di apparecchi di sollevamento, quindi non facilmente amovibili, ad esempio fune di una gru o di un paranco e non di accessori di imbracatura ovvero funi, catene, stroppe amovibili, che vengono utilizzate su un apparecchiatura al bisogno, ad esempio, una catena attaccata al gancio di una gru per il sollevamento di un elemento. In ogni caso non è chiaro quali coefficienti utilizzare.
Se poi i coefficienti da utilizzare sono quelli “nuovi” del TU cosa ne facciamo degli attuali accessori di imbracatura? Li eliminiamo o possono essere utilizzati fino al loro esaurimento?
L’ allegato V del D.Lgs. 81/08 si applica ai “Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro emanazione”.
3) Le piattaforme autosollevanti e gli ascensori da cantiere: denuncie e controlli. La prima denuncia viene effettuata all’Ispesl per apparecchiature di sollevamento marchiate CE, dove viene indicata la ditta proprietaria e la copia del certificato di conformità. Successivamente i controlli periodici annuali saranno effettuati dall’ARPA una volta ottenuto il libretto delle verifiche.
Premettendo che trattasi di macchiari nuovi quindi rispondenti alla Direttiva Macchine, le domande sono:
ovviamente detti macchinari non sono fissi e vengono spostati nei vari cantieri a seconda della necessità, è necessario effettuare una comunicazione di «variata installazione» per ogni cantiere e se sì a quale ente?
Fatto salvo che le attrezzature denominate piattaforme autosollevanti nel quesito siano da intendersi come ponti sviluppabili, la materia di cui trattasi è regolamentata dai commi 11,12 e 13 dell’art. 71 del D.Lgs. 81/08. In base a tale norma è «Il datore di lavoro» che deve farsi carico di sottoporre le attrezzature alle verifiche.
Dunque è nel suo interesse che l’ISPESL per la prima verifica e le ASL (ARPA) per le verifiche periodiche siano a conoscenza dell’ubicazione dell’attrezzatura che gli dovrà essere comunicata. Tale obbligo pur non espressamente previsto nella lettera della norma si desume anche in relazione all’art. 16 del DM 12/9/1959 (che non è stato esplicitamente abrogato) il quale dispone l’obbligo di comunicazione dei trasferimenti