MALATTIE PROFESSIONALI

L'andamento delle malattie professionali denunciate al'INAIL presenta, al contrario degli infortuni, un trend in aumento.
Questo fenomeno è complesso: in parte è connesso alla pubblicazione delle nuove tabelle delle malattie professionali che hanno ampliato il campo delle  malattie tabellate con particolare riferimento ad alcune patologie muscolo-scheletriche; 
in parte vi è un recupero delle cosiddette malattie professionali perdute in quanto non denunciate o non refertate dai medici. 
Infatti, con la scomparsa delle tradizionali malattie da lavoro, sono sempre più frequenti le patologie in cui il lavoro svolge un ruolo concausale e in cui è più difficile riconoscere l'eziologia professionale (in particolare nei tumori, che hanno lunga latenza tra esposizione e malattia). 
L'attuale aumento delle denunce probabilmente non riflette un reale peggioramento della situazione sanitaria ma piuttosto un miglioramento della rilevazione grazie a più accurati e diffusi controlli nell'ambito della sorveglianza sanitaria effettuata dai medici competenti. Una quota del recupero è anche legata a programmi di ricerca attiva delle malattie professionali (in particolare neoplasie) svolta dalle ASL in collaborazione con i registri tumori,alla maggiore informazione della popolazione, all'effettuazione di sorveglianza sanitaria ad ex esposti a cancerogeni da parte dei servizi pubblici di prevenzione.
Con riferimento alla tipologia di malattia professionale denunciata, si osserva la progressiva riduzione delle ipoacusie da rumore(avvenuta in modo rilevante prima del 2006) e l'aumento delle patologie muscolo-scheletriche,praticamente raddoppiate nel 2010 rispetto al 2008. 
Anche se in numero esiguo, sono presenti i disturbi psichici lavoro correlati che sono stati inclusi tra i rischi oggetto di valutazione da parte del datore di lavoro con il DLgs 81/2008. C'è da osservare che la relazione temporale tra esposizione e malattia differisce molto da caso a caso. 
Per le malattie cutanee il lasso di tempo tra esposizione e malattia è verosimilmente breve mentre è notevolmente più lungo per i tumori; 
nel caso dell'asbesto, il cui uso è vietato dal 1992, le attuali esposizioni lavorative sono residuali e soprattutto connesse con la bonifica di manufatti preesistenti. 
E' tuttavia importante rilevare questi dati poiché la lunga latenza tra esposizione e malattia (anche 40 anni nel caso dell'amianto) fa presupporre che anche nei prossimi anni insorgeranno nuovi casi con ricadute sia per l'attività assistenziale ai soggetti ammalati, sia
per l'erogazione delle prestazioni di sorveglianza sanitaria ai soggetti a maggior rischio di sviluppare queste patologie, sia per la dovuta assistenza di tipo assicurativo.

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