normativa relativa alle terre e rocce da scavo

D.L. 69/2013Ulteriori precisazioni a seguito richieste di chiarimento sull'ambito di applicazione della disciplina semplificata di cui all’art. 41 bis del D.L. 69/2013, introdotto dalla legge di conversione n. 98/2013


Ancora chiarimenti sulla normativa relativa alle terre e rocce da scavo

L’individuazione della disciplina che consente al materiale da scavo di essere qualificato sottoprodotto ha dato adito all’ennesimo dibattito sul web dopo l’entrata in vigore dell’art. 41 bis “ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo” introdotto nel DL 69/2013 dalla legge di conversione.

La lettura applicativa sostenuta da ARPAT , che pare essere stata da taluni fraintesa, è la seguente: ai cantieri di piccoli dimensioni, la cui produzione sia inferiore o uguale a 6000 mc, si applica la disciplina semplificata dettata dall’art. 41 bis, a prescindere dalla circostanza che le opere dalle quali deriva il materiale da scavo siano soggette ad AIA o VIA.

Per i cantieri superiori a 6000 mc occorre invece operare la seguente distinzione: se l’opera dalla quale proviene il materiale da scavo non è soggetta a VIA od AIA si applica la disciplina di cui all’art. 41 bis; se l’opera è invece soggetta a VIA o AIA si applica il D.M. 161/2012.

Tale interpretazione discende, a nostro avviso, dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 5 dell’art. 41 bis citato, nonché dalla disposizione di cui al comma 2 bis dell’art. 184 bis del D.Lgs 152/2006, introdotto anch’esso dalla legge di conversione del D.L. 69/2013.

Il comma 2 bis dell’art. 184 bis individua in positivo l’ambito di applicazione del D.M. 161/2012, stabilendo che lo stesso “si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o a ad autorizzazione integrata ambientale”.

Il comma 1 e il comma 5 dell’art. 41 bis individuano l’ambito di applicazione della disciplina semplificata, che deroga alla disciplina dettata dal DM 161/2012.

Dalla lettura integrata delle tre citate disposizioni di legge si ricava in modo esaustivo per tutte e tre le casistiche sopra citate la disciplina che consente di qualificare come sottoprodotto il materiale da scavo.

Dal comma 1 dell’art. 41 bis discende l’applicazione della disciplina semplificata ai cantieri di piccole dimensioni in virtù del richiamo ivi contenuto all’art. 266 comma 7 del D.Lgs. n. 152/2006, che qualifica come cantieri di piccole dimensioni quei cantieri la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale, a prescindere dalla circostanza che l’opera o l’attività da cui proviene il materiale sia soggetta o meno a VIA od AIA.

L’abrogazione del comma 2 dell’art. 8 bis del D.L. 43/2013, che per poco meno di due mesi ha indicato la disciplina per tutti i piccoli cantieri, proprio ad opera dell’art. 41 bis comma 6 chiarisce ulteriormente che, ad oggi, tale disciplina è contenuta nell’art. 41 bis, comma 1.

La circostanza che la disciplina semplificata di cui all’art. 41 bis sia stata introdotta con legge anziché con D.M., non pone alcun problema; anzi la fonte di rango superiore si è resa necessaria, in quanto l’art. 41 bis, nel prevedere la disciplina semplificata con riferimento ai materiali da scavo di cui all’art. 1 comma 1 lett b del D.M. 161/2012, ha travalicato il disposto dell’art. 266 comma 7, che si riferiva alle terre rocce (definizione che ha un contenuto meno ampio della definizione di materiale da scavo introdotta dal DM 161/2012)

Il comma 5 dell’art. 41 bis ha introdotto, a parere di questa Agenzia, un ulteriore ambito di applicazione della disciplina semplificata, e quindi una ulteriore deroga all’applicazione del D.M. 161/2012, rispetto a quanto già previsto dal comma 1 per i piccoli cantieri, in quanto il legislatore ha utilizzato l’avverbio “anche”, stabilendo che “le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 si applicano anche ai materiali da scavo derivanti da attività ed opere non rientranti nel campo di applicazione del comma 2 bis dell’art. 184 bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ….”.

Considerato che, come sopra detto, il comma 5 introduce una ipotesi di deroga ulteriore a quella prevista dal comma 1 (piccoli cantieri), ne consegue che il comma 5 si riferisce ai cantieri con quantitativi di materiale da scavo superiore a 6.000 metri cubi non rientranti nel campo di applicazione del comma 2 dell’art. 184 bis, ossia provenienti da opere non soggette a VIA od AIA.

Una volta individuato l’ambito di applicazione delle due deroghe all’applicabilità del D.M. 161/2012 poste dal comma 1 e dal comma 5 dell’art. 41 bis, si ricava di conseguenza anche l’ambito di applicazione del D.M. 161/2012, che rimane limitato alle opere soggette a VIA od AIA dalle quali origina un quantitativo di materiale da scavo superiore a 6000 mc.

Considerata la delicatezza della materia, riteniamo opportuno soffermarsi anche su quelle che secondo ARPAT sono le argomentazioni contrarie ad una diversa interpretazione dell’art. 41 bis, circolata in questi ultimi giorni, che senza fare alcun riferimento al limite quantitativo dei 6000 metri cubi, ritiene che la disciplina semplificata di cui all’art. 41 bis sia applicabile ai materiali da scavo provenienti da attività od opere non soggette a VIA o AIA, mentre la disciplina introdotta dal D.M. 161/2012 sia applicabile nel caso in cui l’attività od opera sia soggetta a VIA od AIA.

Ebbene, se questa fosse l’interpretazione corretta dell’art. 41 bis è nostra opinione che per illustrarla sarebbe stato sufficiente prevedere nell’art 41 bis un unico comma che disponesse l’applicazione della disciplina semplificata, dettata dai commi da 1 a 4 dell’art. 41 bis, in tutti i casi in cui i materiali da scavo derivino da attività od opere non rientranti nel campo di applicazione del comma 2 bis dell’art. 184, ossia derivino da attività od opere non soggette a VIA od AIA.

Inoltre, se si accedesse all’interpretazione che ritiene applicabile la disciplina dettata dal D.M. 161/2012 ai materiali da scavo di quantità inferiore o uguale a seimila metri cubi provenienti da attività soggette a VIA o AIA si perverrebbe al seguente risultato incongruo: in base alla tab 4 del citato regolamento le analisi chimiche dei campioni di materiale da scavo di quantità compresa tra i 6.000 e i 150.000 metri cubi possono anche non essere condotte sulla lista completa delle sostanze di tabella 4.1, mentre le analisi chimiche per quantitativi inferiori ai 6000 metri cubi dovrebbero essere condotte sulla lista completa analogamente ai quantitativi di materiali superiore ai 150.000 metri cubi.

Tale incongruenza, ma anche il costo notevole della procedura delineata dal DM 161/2012, mettono in luce, come da più parti sostenuto, che il DM 161 è stato pensato per le grandi opere. Allo stato attuale, a seguito dell’introduzione della disciplina derogatoria di cui all’art. 41 bis, questa intenzione trova in effetti concreta attuazione. A tal proposito si ricorda anche che il Ministero dell’Ambiente, con nota del 20 novembre del 2012, in risposta a un quesito dell’Ordine dei Geologi della Regione Umbria aveva ritenuto, addirittura prima dell’entrata in vigore di una qualsiasi disciplina semplificata per i piccoli cantieri, che il “DM in oggetto non ha trattato l’argomento” delle piccole quantità.

Preme infine precisare, da un lato che l’ipotesi di piccoli cantieri soggetti a VIA o AIA non è una caso di scuola: possono infatti esservi opere che, pur essendo sottoposte alla VIA, non presentano attività di scavo rilevanti, dall’altro che dal punto di vista della tutela dell’ambiente tali ipotesi non destano preoccupazione in quanto, secondo questa Agenzia le prescrizioni di VIA possono giungere ad essere, se necessario, anche più stringenti di quanto previsto dal DM 161/2012.

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