Responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza

Responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza

Responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza  

Il lavoratore, con la stipula del contratto di lavoro, ha il dovere di adempiere anche agli obblighi in materia di sicurezza, sanciti dall’art. 20 del  Decreto Legislativo 81/2008.
La sua prestazione “non deve essere solo professionalmente adeguata – sul piano del risultato finale – ma anche svolta nel rispetto degli obblighi impostigli dalla normativa di sicurezza e dalle stesse disposizioni approntate in materia, dal datore di lavoro e/o dai suoi più stretti collaboratori”. Senza dimenticare che il lavoratore assume anche obblighi di sicurezza nei confronti dei colleghi di lavoro e delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.

A presentare in questi termini gli obblighi generali dei lavoratori è un Working Paper - pubblicato da Olympus nel mese di giugno 2014 - dal titolo “ L’individuazione e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro” e a cura di Mariantonietta Martinelli (Avvocato del Foro di Trani, Specialista in Diritto del Lavoro e Sicurezza Sociale presso l’ Università di Bari).

Per parlare degli obblighi il punto di partenza non può che essere il comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. 81/2008 che prescrive, per ogni lavoratore, l’obbligo generale di “prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

Dunque con tale previsione normativa, “ciascun lavoratore è chiamato ad adempiere non soltanto agli obblighi specifici, imposti dal comma successivo e, peraltro, penalmente sanzionati (ad eccezione della lett. a) ma anche a porre in essere tutte le azioni e ad assumere tutti i comportamenti idonei alla salvaguardia della salute e della sicurezza proprie e altrui, in proporzione alla formazione ricevuta, alle competenze che possiede e alle condizioni ambientali date”. Infatti – continua il saggio – il debito di sicurezza che la norma pone a carico del lavoratore è “limitato alle sue conoscenze e competenze professionali e alla sfera di controllo relativa all’attività da lui espletata”. Inoltre, secondo alcuni, l’ampio concetto di prendersi cura, non comporta “soltanto l’obbligo della semplice osservanza delle disposizioni ma impone al lavoratore di prestare un’attenzione consapevole ai suoi comportamenti e di assumere la condotta richiesta dalla specifica situazione. Egli, dunque, dovrà astenersi dall’assumere comportamenti che possano mettere a repentaglio la propria e l’altrui salute e sicurezza ovvero dovrà agire consapevolmente per tutelare e preservare quegli stessi valori”. In questo senso il lavoratore “potrà essere ritenuto responsabile, non solo nel caso di fattispecie commissive ma anche, di fattispecie omissive improprie, in conseguenza di una mancata azione che aveva il dovere di compiere”.

Il documento mette poi in rilievo la “stretta correlazione fra i doveri imposti al lavoratore e quanto il datore di lavoro ha fatto in termini di formazione, istruzione e mezzi. L’assolvimento da parte del datore di lavoro di tali obblighi posti dalla normativa a suo carico, condiziona, anzi, l’operatività dell’obbligo generale del lavoratore di cui al comma 1 e la sua effettiva portata”. È proprio l’avverbio “conformemente” a configurare “un limite all’attribuzione di responsabilità in capo al lavoratore: vi sarà una sua responsabilità, in proporzione alla formazione ricevuta, alle adeguate istruzioni impartitegli e ai mezzi di protezione assegnatigli. Più il lavoratore è formato, istruito e dotato di idonei strumenti e mezzi di tutela, più responsabilità graveranno su di lui e più il datore di lavoro potrà pretendere da lui in materia di sicurezza, in considerazione del fatto che costui ha diritto di attendersi che il lavoratore, usando la normale diligenza, adempia esattamente ai propri doveri anche in tale materia”.

Si ricorda poi che, fra i beneficiari della tutela, la norma non indica solo i lavoratori ma anche le “altre persone” presenti sul luogo di lavoro. E ci è chiesti “se tale ampia formulazione comprenda non solo i lavoratori ma anche i terzi che per qualsiasi motivo si trovino ‘sul luogo di lavoro’. In dottrina, la tesi dominante sembra escludere una interpretazione così estensiva anche se non manca chi propende per la stessa. La giurisprudenza ha, invece, reiteratamente affermato che le norme antinfortunistiche siano poste a tutela sia dei lavoratori, sia di chiunque sia presente anche occasionalmente sul luogo di lavoro”.

Rimandando ad una lettura integrale del documento, ci soffermiamo brevemente su alcuni obblighi specifici - riportati al comma 2 dell’articolo 20 del d.lgs. 81/2008 - a carico dei lavoratori subordinati e a essi equiparati che arricchiscono la posizione debitoria del lavoratore. La loro violazione, “comporterà l’applicazione di sanzioni penali (a eccezione della lett.a) e, ovviamente di sanzioni civili”.

Articolo 20 – Obblighi dei lavoratori
(...)
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e, nonché i dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
(...)

Ci soffermiamo ad esempio sul primo dovere prescritto dalla lett. a, che è quello di contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Dunque il lavoratore “è chiamato a collaborare e partecipare attivamente all’assolvimento del dovere generale di sicurezza, risultandone egli stesso pienamente cor-responsabilizzato, in considerazione dell’autonoma sfera di azione riconosciutagli dal legislatore”.

Inoltre la successiva lettera b sancisce l’obbligo di osservare le disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale.
In questo caso è “condivisibile è la tesi di chi ritiene tale obbligo, una specificazione del generale dovere di obbedienza sancito dall’art. 2104, comma 2, c.c. Una norma di tal genere, consente, infatti, al datore di lavoro (e i suoi più stretti collaboratori), nell’esercizio del potere direttivo, di prevedere, in aggiunta, a quanto già sancito dal legislatore in materia, ulteriori specifiche e concrete norme di comportamento adeguate all’ambiente produttivo in cui il lavoratore opera. Consente, altresì, a dirigenti e preposti, di intervenire puntualmente e, forse meglio, del datore di lavoro che, come giustamente osservato, nelle imprese moderne, caratterizzate da una maggiore complessità e articolazione organizzativa, è il soggetto forse meno presente sul luogo di lavoro”.

Per concludere l’articolo ci soffermiamo sull’obbligo sancito dalla lettera h e che costituisce una novità per il lavoratore, l’obbligo di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.
Questa norma “è stata favorevolmente accolta dalla dottrina che ha osservato come la previsione di un obbligo di tal genere, ponga in evidenza il ruolo centrale della formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro”. Ora la formazione “non è più considerata solo un diritto ma, anche, un obbligo per il lavoratore. La previsione del vincolo partecipativo ai corsi di formazione e addestramento rafforza, conseguentemente, i corrispondenti obblighi di informazione e formazione gravanti sul datore di lavoro. Se, infatti, il lavoratore non ha ricevuto adeguata informazione e formazione, quando ponga in essere comportamenti negligenti, imprudenti, imperiti, non potrà agevolmente assumersi, che gli eventi letali che ne conseguano, siano il frutto di condotte anomale e imprevedibili, in quanto la imperizia del comportamento sarebbe direttamente ricollegabile alla sua mancata formazione e informazione da parte del datore di lavoro, che resta il soggetto responsabile”.

Segnaliamo per finire che il saggio si sofferma in particolare anche sugli obblighi specifici:
- per i lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto;
- per i lavoratori autonomi e i componenti dell’impresa familiare.

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